di Alberto Francioli
Gli Stati Uniti sono, dalla caduta della Unione Sovietica, l’agente di polizia globale con il record di oltre 800 basi militari al di fuori del loro territorio. Con esse sono riuscite a circondare il pianeta con una rete senza precedenti di basi militari. Nonostante la seconda guerra mondiale sia finita da oltre 70 anni il controllo militare americano si è fatto sempre più fitto e pressante. La maggior parte di queste basi si trovano in Germania, Giappone, Italia e Corea del Sud. In Germania si contano 194 basi, in Giappone 121 basi, in Italia 115 basi e in Corea del Sud 83 basi. Centinaia di altre guarnigioni sono sparse in tutti i continenti in circa 80 paesi, tra cui Australia, Sud America, Africa, America Latina, Europa, senza contare le 11 portaerei della Marina, ognuna delle quali può essere considerata una base navale galleggiante per l’espansione politico-militare di Washington.
Secondo Washington una rete così capillare di basi militari serve a scoraggiare gli avversari della Pax Americana. Gli Stati Uniti hanno più basi militari in terra straniera rispetto a qualsiasi altra nazione nella storia moderna. Come avamposto dell’influenza americana, vengono utilizzate non solo basi a pieno titolo, ma anche unità più piccole situate in aeroporti, porti marittimi e campi di addestramento.
Il costo totale di mantenimento delle attività di tutte le basi extra territoriali è stimato a circa 156 miliardi di dollari all’anno (secondo le stime dell’Istituto di ricerca americano RAND Corp), i contribuenti americani pagano in media tra 10 e 40 mila dollari all’anno per il mantenimento completo di un soldato al di fuori degli Stati Uniti.
Tuttavia, per molti esperti americani, la presenza militare americana in decine di paesi in tutto il mondo comporta non solo spese militari significative (esponendo la vita delle truppe americane a rischi inutili), ma ha generalmente perso una parte significativa della sua rilevanza nel moderno ambiente di sicurezza internazionale. Solo per portare un dato gli Stati Uniti, a partire dal 2001 ad oggi, hanno partecipato a conflitti armati in 22 paesi, riportando spesso risultati disastrosi per l’esercito e la politica americana.
Ma non solo. Per fare altri esempi, la base aerea americana di Ramstein in Germania o la base aerea di Kadena in Giappone, così come quelle site nel nostro Paese (come la
base aerea di Aviano, la caserma Ederle di Vicenza, la base di Pisa-Livorno di Camp Darby) richiedono fondi significativi anche solo per la gestione e la manutenzione delle strutture e infrastrutture di scuole, ospedali e varie istituzioni per le famiglie del personale militare che vivono all’interno delle basi.
Sempre secondo gli esperti, le informazioni e i dati sui costi delle basi militari straniere attualmente fornite dal Ministero della Difesa sono molto incompleti, e questa mancanza di trasparenza ha permesso al Pentagono di sostenere e giustificare le centinaia di strutture militari in tutto il mondo. Un esempio si è recentemente avuto sulle attività dell’esercito americano in Africa. Sebbene il Pentagono abbia affermato di mantenere da tempo solo una base a Gibuti, studi indipendenti hanno dimostrato invece che, attualmente, nel continente nero sono disseminate almeno 40 strutture militari statunitensi.
Gli attuali meccanismi di sorveglianza non consentono al Congresso di esercitare un controllo capillare sulle strutture militari e sulle attività del suo esercito all’estero. La mancanza di una attenta supervisione lascia aperte grandi opportunità all’industria degli armamenti americana che realizza grandi affari grazie ad investimenti non sempre oculati da parte delle forze armate. È parere ormai diffuso di molti esperti di geopolitica americana che mantenere una presenza militare americana permanente in Europa, Asia e Medio Oriente sia irragionevolmente dispendiosa e assolutamente pericolosa.
Le origini della politica estera americana risalgono alla guerra fredda, quando la strategia preventiva mirava a contenere il principale rivale geopolitico: l’URSS. Tuttavia, dopo il suo crollo e l’istituzione di un mondo unipolare, la presenza militare totale degli Stati Uniti si è trasformata in un catalizzatore di instabilità favorendo in particolare la crescita del radicalismo attraverso la presenza delle basi militari statunitensi in Medio Oriente, e suscitando un sentimento anti-americano sempre più forte nella regione.
Lo scopo non detto, ma sempre più evidente di Washington è la militarizzazione mondiale e la conquista economica del pianeta. Questo piano imperiale viene attuato attraverso operazioni militari, colpi di stato, cambi di regime, rivolte sponsorizzate dagli Stati Uniti (rivoluzioni colorate), guerra informatica, sabotaggio economico-finanziario e destabilizzazione.
La presenza di una vasta rete di basi militari contribuisce al fatto che per l’establishment americano la possibile “opzione di guerra” si sta trasformando nel modo più semplice e conveniente per “risolvere” i problemi internazionali, ma questo in realtà porta solo alla crescita di contraddizioni e all’accumulo di un pericoloso potenziale esplosivo su scala globale.
Le basi militari, secondo la strategia militare americana, sono progettate non solo per “proteggere” gli Stati Uniti dalle minacce esterne, bensì per permettere al Pentagono di lanciare una serie di attacchi aerei-navali e interventi militari di terra, che dal Vietnam all’Iraq rendono l'”opzione di guerra” per il controllo e il dominio del mondo la soluzione più facile e conveniente per l’America.
La politica estera statunitense, invece di contribuire alla stabilizzazione in regioni ad alta criticità, con la presenza di basi militari causa spesso tensioni e ostacola l’attività diplomatica. Quando vengono dispiegate guarnigioni, ad esempio vicino ai confini di Russia, Cina o Iran, il rischio di misure di ritorsione da parte di questi paesi aumenta in modo significativo.
Il crescente militarismo degli Stati Uniti dà slancio a una nuova strategia di basi e armi militari, scatenando il caos nel campo delle battaglie geopolitiche. In altre parole, invece di rendere il mondo più sicuro, le guarnigioni americane e Nato rendono più probabile il rischio di guerra.
Il problema è che gli Stati Uniti con la loro aggressiva politica generano continue e costanti minacce attraverso l’accerchiamento geopolitico di Russia, Cina e Iran. Il militarismo degli Stati Uniti, creato al fine di mantenere il ruolo di egemone mondiale, provoca solo una nuova corsa agli armamenti: questa è l’inevitabile conseguenza per il raggiungimento degli interessi geopolitici americani per il dominio del mondo.
Rispetto a tutte le guerre precedenti, il moderno arsenale militare avanzato include armi nucleari, biologiche, chimiche ed elettromagnetiche che possono distruggere la vita umana in tutto il mondo. Il programma militare è supportato da un apparato di propaganda e manipolazione mentale ampiamente ben sviluppato. Il pericolo di una guerra mondiale viene spesso ignorato. La guerra è descritta come attività umanitaria. I media in Occidente affermano che la guerra è un processo di pace e che alla NATO si dovrebbe addirittura assegnare il premio Nobel per la pace.
Non dimentichiamo che la stessa NATO, a partire dalla sua fondazione nell’aprile 1949, è stata un mezzo per stimolare la corsa agli armamenti in nome di una pace attraverso la forza ed è sempre stato, sin da allora, completamente sotto il comando degli americani, che se ne sono serviti per avere il totale controllo dell’Europa Occidentale. Anche se allo stato attuale il tema di “affrontare la minaccia sovietica” non esiste più, le basi militari (seppur in misura minore e contenuta) sono sempre tutte operative e continuano ad essere i punti dove poter schierare rapidamente truppe e mezzi di intervento per le quali sono progettate.
Per quanto riguarda i neofiti paesi della NATO in Europa orientale (Paesi Baltici, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Bulgaria), la questione è diversa. Secondo l’Atto istitutivo Russia-NATO del 1997, l’Alleanza si è impegnata a non schierare qui nuove forze. In realtà, questo accordo è stato violato; l’esercito americano (soprattutto dopo l’inizio degli eventi ucraini) ha intensificato la sua presenza con basi ormai permanenti e anche con lo stazionamento di postazioni missilistiche e dei bombardieri strategici nelle basi in Estonia e Lituania. Come si può ben notare la più grande concentrazione di basi militari statunitensi si osserva prima di tutto intorno alla Russia con l’obiettivo di creare centri di tensione nel quadro del concetto di “caos controllato”. Questa è la più recente dottrina militare americana.
La propaganda mediatica assegna ai criminali di guerra un volto umano, la guerra è descritta come un tentativo di stabilire la pace, i criminali di guerra come guardiani della pace, la realtà è completamente capovolta. Senza la disinformazione dei media, il programma militare americano crollerebbe come un castello di carte.
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